FORTE DI OGA, RIFUGIO PIZZINI E PASSO ZEBRU’

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Anche quest’anno il C.A.I. e il Gruppo Alpini di Barzanò, hanno organizzato una escursione-pellegrinaggio in un luogo storico importante per il nostro Paese.
Come già negli anni precedenti, sul Monte Pasubio, sul Monte Lagazuoi e sul Monte Chaberton, l’escursione di quest’anno non è stata soltanto un’occasione di divertimento ma un’esperienza di ricordo e conoscenza, su montagne che hanno visto svolgersi vicende storiche ed umane da non dimenticare.
 

Il 28 e 29 luglio 2018, visita al forte Venini di Oga, escursione al Rifugio Pizzini-Frattola e al Passo Zebrù in Alta Valtellina.
 

Il forte di Oga si trova a circa 1730 metri sul livello del mare sopra l’abitato di Bormio. Realizzato tra il 1908 e il 1914 a difesa dei principali valichi alpini pensando ad un eventuale conflitto con l’Austria e a una possibile invasione nemica dalla vicina Svizzera. Da questa postazione dominante potevano essere agevolmente battute tutte le principali vie di accesso all’Alta Valtellina; dal Foscagno alle valli di Fraele, dallo Stelvio-Umbrail, ai sentieri alle valli della Valfurva.
La struttura fu costruita seguendo alla lettera i migliori studi d’architettura militare di inizio secolo. Furono impiegati grossi blocchi di pietra ricoperti da uno spessissimo strato di cemento, ed enormi quantità di ghiaia e sabbia estratte dalla vicina val Cadolena. Proprio per portare in quota tutto questo materiale venne costruita l’attuale strada che conduce ad Oga, in sostituzione della precedente mulattiera dai tratti ripidissimi.
 

Alla solidità delle mura e alla sua posizione strategica, in vetta al Dossaccio, il Forte aggiungeva mille espedienti che lo rendevano inespugnabile. Disponeva per altro di cisterne per l’acqua che, in caso d’assedio, potevano garantire l’autonomia dei suoi abitanti per oltre un mese.
 

Alla fine degli anni trenta fu dislocata qui una compagnia di artiglieri, pronta a rimettere in funzione i cannoni in caso di una nuova guerra. Nel secondo conflitto mondiale tuttavia il Forte non svolse alcuna azione difensiva. La manutenzione dei cannoni continuò sino al 1958, anno in cui vennero venduti a peso come ferraglia. Iniziò allora il degrado della struttura accelerato dai continui saccheggi.
Le condizioni attuali del Forte, dopo una notevole opera di ristrutturazione, sono il risultato di un programma di recupero e di valorizzazione.
 

Finita la visita al forte e alle bellissime mostre e ai reperti storici che contiene, trasferimento a Santa Caterina Valfurva e da qui all’Albergo dei Forni.
Zaino in spalla e partenza sotto una pioggia leggera che però non riesce a spegnere l’entusiasmo dei partecipanti. Si sale a piedi lungo la valle di Cedech fino a raggiungere il Rifugio Pizzini, posto ad oltre 2700 metri.
La serata conviviale nel rifugio, ha avuto il compito di dissolvere la stanchezza della camminata pomeridiana sotto la pioggia.
 

Il Rifugio Pizzini-Frattola sorge alla testata della Valle Cedech su uno sperone erboso in uno splendido circo glaciale racchiuso a Nord dalla mole del Gran Zebrù, a Est dal Ghiacciaio del Cevedale ed a Ovest verso l’elegante piramide del Pizzo Tresero.
Il rifugio è stato costruito nel 1926 sul luogo dove esisteva la Capanna Cedech, eretta nel 1887, e distrutta durante la Grande Guerra.
 

La Capanna Cedech, fu al centro di numerosi combattimenti nel corso della Prima Guerra Mondiale.
Per scoraggiare le possibili incursioni del nemico nella valle, era costantemente presidiata dagli alpini della 113ª compagnia del Battaglione Tirano, che però non avevano a disposizione cannoni o mitragliatrici, ma in difesa della loro postazione, erano armati solo di fucili e bombe a mano.
 

Il comando italiano, per alleggerire la pressione del nemico, decise di attaccare le postazioni austriache arroccate sul Passo del Cevedale, nella zona dove ora si trova il Rifugio Casati. Il disegno era quello di riuscire a bombardarle con un cannone trasportato in quota.
Nella notte tra il 19 e il 20 settembre 1915, un ufficiale e otto uomini partirono dall’Albergo dei Forni, trainando delle slitte con un cannone.
Risalirono con estrema fatica la valle e il ghiacciaio di Cedech e, dopo aver scalato la cresta dello Schrotterhorn (Corno di Solda), si appostarono proprio di fronte alle posizioni nemiche. Gli austriaci, colti di sorpresa, lasciarono sul campo una decina di soldati ma si riorganizzarono in breve tempo, facendo giungere velocemente dei rinforzi.
Gli italiani, sotto il fuoco austriaco, tentarono allora di raggiungere il Passo Zebrù attraversando il ghiacciaio.
Gli alpini, nonostante fossero bersagliati dalle fucilate, riuscirono ad occupare una buona postazione e cominciarono a cannoneggiare, colpendo le trincee e i baraccamenti dei nemici. Gli spari da entrambe le parti continuarono per tutta la giornata.
 

Gli austriaci, per vendicarsi di quest’ardita azione italiana, presero subito di mira la Capanna Cedech. Si riorganizzarono in breve tempo e tre giorni dopo, passarono al contrattacco.
La notte del 23 settembre, oltre cento austriaci scesero dal Passo Cevedale coperti dal fuoco dei loro cannoni. I venti uomini a presidio della Capanna Cedech, troppo pochi ed allo scoperto, dovettero immediatamente ritirarsi. Indisturbati gli austriaci fecero irruzione nella postazione ormai indifesa e, piazzato l’esplosivo, la fecero saltare in aria distruggendola completamente.
 

Dopo il risveglio al Rifugio Pizzini, dopo le foto di gruppo e la consegna dei gagliardetti allo storico gestore del rifugio, una visita guidata ci ha portato sui luoghi di questi accadimenti storici, a toccare con mano le pietre e i reticolati rimasti ancora sulla montagna. Nella mattinata di sole, limpida e serena, siamo saliti verso il Passo Zebrù dove esistono ancora le linee di trincea e resti dei baraccamenti costruiti dai soldati italiani durante la Grande Guerra.